LE POESIE DI LARI - CARNEVALE
Lari è lo pseudonimo di
Gino Chelazzi uno scrittore nato e cresciuto a San Casciano Val di
Pesa a cavallo tra l'ottocento e il novecento. Gino aveva scritto
numerose poesie su varie località italiane, sulle varie festività
ma anche sulla guerra.
CARNEVALE
O voi che nelle danze del
veglione
piacer cercate ed
accogliete quale
beneficio ed amico
crapulone
il vecchio Carnevale,
non la sentite voi questa
tonante
minaccia che qual
prossima bufera
romba attorno, non grido
supplicante
non voce di preghiera;
ma imperiosa, terribile,
che scuote,
si moltiplica, mutasi in
fragore:
la voce è questa che si
ripercuote
del secolo che muore!
Si ripercuote dalle
abitazioni
più tristi fino alla
reggia fastosa,
rauca voce che torbide
passioni
rendono spaventosa.
Ed invan la si sfugge! In
ogni loco
si svela e irrompe:
nell'allegre sale
e nei teatri e balli e in
ogni giuoco
lieto di carnevale.
Vedete? Per le vie passa
e gavazza
il carnevale: attenti,
ora s'avanza
orribil mascherata e fra
la pazza
folla balla una danza.
Dalla triste plebaglia
circondata
emerge nella ridda coppia
infame
che di luridi cenci s'è
adornata:
sono il Vizio e la Fame!
A FIRENZE!
Da i poggi folti di olivi
pallidi
che l'infinito mare
soprastano
co 'l pensier valicante
lo spazio
te rivedo, o Firenze,
lontana.
Vedo le torri, la svelta
cupola
di Brunellesco severi e e
splendidi
i palazzi de gli avi
famosi,
il mio bel San Giovanni
rivedo.
E l'Arno lento, placido
scorrere,
e delle ninfe che i
boschi allegrano
dell'ombrose e fiorite
Cascine
sussurrante di parole
d'amore.
Vedo i giardini spandenti
a l'aure
miti i profumi grati,
soavissimi;
e di Fiesole il monte
forcuto
che di te si compiace,
qual padre.
E' il genio etrusco che
da quei ruderi
sfidanti il lento turbin
dè secoli
sopra te va spirando e
rinnova
ne la gloria e ne l'arte,
o Firenze?
Veh! Ne l'orecchio di
Dante versasi
la cantilena di Ciullo
d'Alcamo,
e divien la divina
loquela
proclamante il diritto
d'Italia.
Veh! Dè più puri eroi
trasfondesi
il nobil sangue né tuoi
progeniti,
e con fulgida morte
Ferruccio
cavaliere de la patria
rivive!
E il tuo nome fu che
portarono
lontano pè mondi gli
arditi nauti
qual ricordo di madre
amorosa
qual emblema di forte e
gentile!
Oh, qui dà poggi folti
di pallidi
olivi invoco te, mentre
l'animo
si smarrisce né torbidi
sogni
un profumo, un sorriso
anelante!
Egli è il profumo de le
mite aure
che dà tuoi colli
fioriti spirano...
è il sorriso dè volti
che adoro,
e che tu, mia Firenze,
racchiudi!
Oh, fino all'Arno che
scorre placido,
fino al forento monte di
Fiesole
giunga questo affannoso
desìo
e ne l'onda di luce
s'appaghi.
Che il Sol si riversa da
'l cielo in aurei
fasci su l'alte torri, su
i templi,
su i giardini ove al
tepido bacio
si dischiudono i fior più
gentili?
Poesie pubblicate sul
giornale “Il Chianti” riprese dal libro di Carlo Baldini “Poesie”
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