IL CASTELLO DI BROLIO, BETTINO RICASOLI E LA FORMULA DEL VINO CHIANTI
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IL CASTELLO DI BROLIO |
Il castello di Brolio, eretto su una ridente collina conserva intatta un'atmosfera medioevale nella suggestiva visione del suo antico cassero, dove sotto si trova un vasto parco. La visione più romantica se ne ha osservandolo dal lato sud, dove da un ampio giardino a terrazza si alza una scalinata su cui si accede a un bellissimo balcone. Questo castello, definito per la sua posizione “sentinella avanzata a guardia del Chianti e a difesa della sua Lega” ebbe, nella lotta tra Siena e Firenze, notevole importanza strategica. Nel 1176 il castello di Brolio fu ceduto dalla Republica di Siena a quella di Firenze. Siena però tento ripetutamente di riconquistarlo, e ci riuscì solo nel 1432, ma dopo alcuni anni ritornò ai Fiorentini, e poi di nuovo a Siena. Solo dopo la pace del 1530 ritorna definitivamente ai Fiorentini, completamente ricostruito nel 1564 con robuste muraglie e torri, a difesa del Chianti e della sua Lega, il castello non sarà più teatro di guerra e sarà successivamente trasformato in villa padronale e fattoria, ricostruito nel 1835 dall'architetto P. Marchetti, coadiuvato dal Partini e dal Socini, su ordinazione del Barone Bettino Ricasoli.
Bettino Ricasoli è un
protagonista del Risorgimento, nasce nel 1809 e muore nel 1880
attraversando gran parte dell'ottocento. Noto con il soprannome di
“Barone di Ferro” aveva la sua residenza nel Castello di Brolio
nel Chianti. La famiglia era una delle più importanti nel Chianti,
Bettino fu un uomo d'affari e un grande innovatore nel campo delle
tecniche agricole (per esempio sua è la formula originaria del vino
Chianti) e rivestì importanti cariche politiche, per due volte
quella di primo ministro, dopo che aveva tanto contribuito
all'unificazione dell'Italia. Però testimonianze tramandate dalle
persone che vivevano intorno a Brolio, parlano anche di un uomo che
con tutti i mezzi voleva accrescere il proprio patrimonio, senza
molti riguardi per gli altri, era molto duro e di scarsi valori
morali. La storia di Bettino Ricasoli sicuramente ha molto fascino,
un uomo di succeso e riformatore ma con una forte personalità
ambigua. Il Barone in una
relazione all'accademia dei georgofili, nel 1884, cosi descriveva
l'antica residenza dei suoi avi: “Sopra uno dei poggi del Chianti
montuoso sorge la villa di Brolio, storico castello del Medio-Evo, le
cui mura guerriere la Dio mercè disarmate, paiono ancor andare
superbe di un'antica gloria, e son belle tuttavia, e venerande come
intatto monumento dei tempi, di gesta e di costumi lamentevoli certo,
ma che pur generarono la civiltà nuova, e in cui fra delitti atroci
non mancarono maschie virtù, ignote oggi ai tralignati nipoti”.
Bettino Ricasoli studiò
la mescolanza delle migliori uve e le loro proporzioni, per ottenere
il miglior prodotto vino Chianti atto all'esportazione e
all'invecchiamento. Morto Cavour fu presidente del Cosiglio, ma
tornato amareggiato e deluso, anche per non aver potuto far nulla per
risolvere la questione romana fra regno italiano e Santa Sede, tornò
definitivamente a Brolio e si dedicò all'agricoltura. La mattina
stessa del giorno in cui morì aveva scritto ad un celebre
esportatore al quale proponeva di cedergli tutta la riserva di
chianti classico imbottigliato e scelto. Purchè avesse assunto
l'impegno di far conoscere il chianti classico largamente in
Inghilterra e di estenderne il consumo. La formula del vino Chianti
sviluppata dal Barone Ricasoli, rimasta intatta per oltre cento anni,
era costituita da vitigni tutti Toscani, prevalentemente Sangiovese,
Canaiolo (vitigni a bacca rossa) con una piccola percentuale di
Trebbiano toscano e Malvasia del chianti (vitigni a bacca bianca) per
rendere il vino più morbido, gradevole e beverino. Questa formula è
stata sostituita negli ultimi anni per esigenze di mercato che
richiede vini con molta struttura e colore. Il nuovo disciplinare di
produzione stabilisce che si può fare vino Chianti anche con i
vitigni a bacca bianca ma che non possano, singolarmente o
congiuntamente, superare il limite massimo del 10%, mentre per il
Chianti Classico con un mix di vitigni autorizzati solo a bacca
rossa, locali e internazionali, Sangiovese (minimo 80%) e altre uve a
bacca rossa nella percentuale massima del 20% (canaiolo e colorino ma
anche uve internazionali come cabernet sauvignon, merlot,...). A
conclusione di un iter legale durato 70 anni, con il decreto
ministeriale del 5 agosto 1996 il Chianti Classico, “il primo”,
“l’originale”, la zona di origine più antica del Chianti,
diviene una Denominazioe di Origine Controllata e Garantita autonoma,
con un disciplinare di produzione distinto da quello del vino
Chianti. Da allora, Chianti e Chianti Classico, sono due diverse
denominazioni, con differenti disciplinari e zone di produzione.
Biografia:
Veglie a Porcignano di
Reginaldo Cianferoni – capitolo 15 e 16
Guida del Chianti di
Gastone Canessa
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